"Il fatto che la comunità sia sempre presente nella vita di tutti i giorni ci fa sentire sicuri. Non è qualcosa di fluido, di liquido. Non ci abbandona mai e non ci fa sentire soli. Ogni qualvolta che ne abbiamo bisogno, la comunità a cui apparteniamo è sempre lì ad aspettarci e questo ci dà conforto". (Zygmunt Bauman).

mercoledì 25 febbraio 2009

CANDIDO CANNAVO’: L’ULTIMO DEI NARRATORI di Salvatore Morelli

Domenica 22 febbraio passerà tristemente alla storia per la scomparsa di un grande uomo, giornalista e sportivo. Candido Cannavò, 78 anni dedicati alle sue grandi passioni, fino all’ultimo non si è staccato dalla sua amata Gazzetta, nella sala mensa del giornale il primo malore e dopo 4 giorni di sofferenza oggi ha deciso che per lui era il momento giusto di andar via. Ha scelto la domenica, il giorno dedicato ai grandi eventi sportivi quelli che lui riusciva a raccontare con la meraviglia dei suoi occhi, riusciva sempre a cogliere le emozioni più sottili, la parte umana delle imprese sportive. Chi scrive è un ragazzo di 27 anni che ha avuto l’onore di conoscerlo di persona nell’aprile del 2006; in quale occasione? Aveva organizzato nella sua Catania il ricordo di Angelo d’Arrigo a un mese dalla sua scomparsa. Ecco anche in quella sua occasione mostrò la sua profonda umanità che lo ha da sempre contraddistinto, fin da quando ragazzino di 19 anni iniziò a scrivere nelle pagine del “La Sicilia”. Lui nonostante il successo che giustamente ottenne, ben 19 anni di direzione del “La Gazzetta dello sport”, giornale che lui portò ad essere il più letto d’Europa, rimase sempre lo stesso. Molto legato alla sua famiglia, la moglie Franca, sempre al suo fianco e a cui và un sentito abbraccio di sostegno; sorrideva quando gli ricordavo che conobbe sua moglie ad AciTrezza paese della mia ragazza. Adorava i suoi 3 figli, mi unisco al loro immenso dolore. Il mio ricordo di Cannavò parte da molto lontano, lo seguo fin da quand’ero bambino. Per me lui è sempre stato il direttore della rosea e quando l’11 marzo 2002 lasciò il comando del giornale per me era già un giorno triste, ma fortunatamente rimase in redazione, riuscendo a non farmi sentire la sua mancanza. Lui per me è stato un maestro di Giornalismo, lui e Montanelli mi hanno fatto amare questa professione e da loro ho sempre cercato di cogliere quelle sfumature che li rendevano unici. Come dicevo ho avuto il piacere d’incontrarlo 2 anni e mezzo fa, l’ho intervistato perché stavo scrivendo la tesi, argomento le Olimpiadi, chi meglio di lui poteva aiutarmi. Per me era un sogno, il mio coraggio mi spinse a contattarlo e lui come una persona qualsiasi accettò entusiasta di essere intervistato da un ragazzino qualsiasi. Mi dedicò oltre un’ora del suo tempo. Più che un’intervista fu una lunga chiacchierata, la mia voce rotta dell’emozione e lui a parlare, a raccontarmi delle sue esperienze come si fa con un nipote, complimentandosi di tanto in tanto per la mia preparazione. Di lui mi colpì da subito quel mettersi allo stesso livello di chi aveva davanti, non si ergeva a superiore e riusciva a trovare tempo per tutti. Le sue parole hanno arricchito me e la mia tesi, poi diventata libro. Conserverò quel tempo trascorso con lui nel mio cuore. Oggi sono triste e quel che mi rende triste è sapere che non leggerò mai più le parole di Cannavò dopo i grandi eventi. Cosa sarà un’Olimpiade senza lui? Un giro d’Italia? Un mondiale? Un record? Dopo ogni evento mi chiedevo chissà cosa scriverà ora Cannavò, chissà cosa ne pensa. Sarà questo che mi mancherà più di ogni cosa. Domani comprerò la Gazzetta che andrà poi a impreziosire la mia lunga collezione, il giornale di domani è quello che non avrei mai voluto comprare, quello che non avrei mai voluto inserire nella mia collezione iniziata nel lontano 1994 con la morte di un altro grande, quella di Ayrton Senna. Senza nulla togliere all’attuale direttore Verdelli e la sua redazione, ma da domani le pagine della Gazzetta saranno molto più povere, meno rose. Il giornale non sarà più lo stesso…io continuerò a leggerlo perché so che da lassù lui come un faro indirizzerà tutti verso la giusta rotta. Oggi Catania, la Sicilia, l’Italia, il mondo dello sport, quello del giornalismo sono tutti più poveri, tutti un po’ orfani. Cannavò con se portava sempre e solo il distintivo dei 5 cerchi olimpici, portatrici di pace, lealtà, sportività e unione in giro per il mondo ed è questo che lui faceva con i suoi pezzi. Ecco lui scriveva articoli “Olimpici”, lui semplicemente narrava le sue emozioni. Non vedo altre persone in giro al suo livello. Direttore io la saluto, mi scuso se ho osato scrivere un suo ricordo dato che io sono nessuno…ma scrivere forse mi aiuta a superare il grande vuoto che ha lasciato. Di nuovo, con affetto, saluti mio caro Direttore.

lunedì 23 febbraio 2009

Networking dipendenza

Nel nostro millennio e col progresso che praticamente ci corre dietro con frenetica velocità, fare a meno del web e dei social network sta diventando praticamente impossibile. Ma cosa si cela veramente dietro queste paroline misteriose? Si cela tutto un sistema ramificato e consolidato di intrecci di comunicazioni e relazioni on line tra amici, colleghi e sconosciuti e spesso gente indesiderata.
Negli ultimi anni, si è assistito a un vero e proprio assalto verso alcuni siti di social network come myspace, facebook, msn o badoo su tutti. Solo in Italia, per esempio, i siti più comuni raccolgono più di cinque milioni di utenti rappresentando il loro passatempo preferito, ma è ovvio che questi dati diventano "vecchi" nel giro di poche settimane. Una cifra impressionante se si pensa il breve periodo di vita che hanno questi siti. Gli scopi per questa massiccia aderenza sono molteplici, si va dalla promozione del proprio lavoro a quella più diffusa di conoscenza di gente per arricchire la propria sfera di amicizie.
Se da un lato questo proliferare di siti ci permette di valorizzare il proprio lavoro o le proprie arti e fare amicizie, da un altro crea una certa dipendenza che a lungo andare potrebbe diventare dannosa per la salute dei fanatici favorendo il cosiddetto “technostress”. E si deve pure aggiungere il fatto che questa dipendenza, oltre a favorire l’ansia, molto spesso distrae gli impiegati dal lavoro, sottraendo loro tempo prezioso e rendendoli meno produttivi e operativi.
Alcune grandi società e pubbliche amministrazioni, stanno prendendo misure di sicurezza verso questa eccessiva dipendenza dai social network, limitandone l’accesso ai propri dipendenti durante le ore lavorative. Si tratta di un piccolo passo avanti nel tentativo di non distrarre troppo le persone almeno durante le ore lavorative, ma il passo migliore sarebbe quello di indirizzarle verso passioni non virtuali come leggere un buon libro, suonare uno strumento musicale o praticare sport. La nostra società in continua evoluzione non ci permette assolutamente di non contiuare ad un ritmo frenetico l'intreccio di nuove relazione e il mantenimento di contatti già esistenti, non c'è dubbio che il futuro è in mano al web e che l'uomo lentamente ma inesorabilmente sarà rilegato ad un ruolo sempre più marginale, di macchina costretta a non poter vivere senza web.

giovedì 19 febbraio 2009

Una gita nei Paesi Baschi











I Paesi Baschi (in basco Euskadi, in spagnolo Paìs vasco) sono una comunità autonoma della Spagna. Il loro capoluogo è Vitoria-Gasteiz. La scorso anno, verso la fine dell'inverno e l'avvento della primavera, ho avuto il piacere di visitare questo territorio rendendomi conto che mi trovavo in un paese nella via di mezzo tra Francia e Spagna, tra le città di Biarritz, Saint-Jean de Luze et Saint-Sebastian. L'atmosfera che si respirava in quelle giornate tra sole e temporali, era quella che stringe un popolo che insegue una certa voglia di indipendenza da tempo e che possiede una popria cultura, delle proprie tradizioni e un folklore che lo distingue dai francesi e dagli spagnoli. Un itineraio suggestivo che consiglio vivamente a tutti, grandi e piccini, che vi porterà alla scoperta dei piccoli porticcioli che si affacciano sul freddo adriatico, dei buoni ristoranti dove poter mangiare pesce freschissimo, oppure assaporare il buon prosciutto Serrano, oppure assistere ai surfisti che sfidano le alte onde provocate da un vento che tira insistentemente per tutto l'anno o se magari restare meravigliati dinanzi un arcobaleno che si disegna sul cielo prendendo come sfondo la cittadina di Saint-Jean de Luze dove poter trovare, in un piccolo negozietto del centro, del buon cioccolato fondente al gusto di peperoncino piccante o del caffè tostato al momento. Insomma un itinerario all'insegna del gusto ma anche del piacere e del relax, dov'è possibile passeggiare per le lunghe spiagge, a ridosso delle falaises, in compagnia del vento e di un'atmosfera davvero incantevole.

mercoledì 18 febbraio 2009

Perché si scrive?

"Io so perché sono uno scrittore" diceva Pier Paolo Pasolini. Perché uno scrittore scrive? È una delle domande di routine che ogni giornalista pone durante un'intervista con uno scrittore. Le risposte sono molteplici e variano ovviamente da intervistato a intervistato ma spesso questa domanda rimane senza risposta. Si scrive perché si sente qualcosa dentro da dover esternare, metterlo nero su bianco e renderlo pubblico, quindi in un certo senso scrivere è un'attività molto intima ma che perde la sua intimità nel momento in cui altri leggono i nostri scritti. Scrivere è dovere nei confronti dei lettori, visto che si rendono partecipi delle molteplici sfaccettature che la nostra immaginazione puo' assumere, immaginazione che prende spunto dalle nostre sensazioni e sentimenti e umori e stati d'animo e che tramite la nostra creatività modifichiamo e rendiamo visibile agli occhi di tutti.
Il ruolo dello scrittore è quello di spettatore della realtà, anche se si scrive di passato o di futuro, il punto di partenza resta inequivocabilmente la realtà del presente e di conseguenza lo scrittore assume un ruolo molto delicato nei confronti del pubblico. Perché si scrive? Come tutte le espressioni creative non si sa in fondo da dove nasce la voglia di mettere uno accanto all'altro, tante parole, definendole in uno stile e indirizzandole verso un messaggio preciso.
"Scrivere è un atto d'amore, se non lo è non è che scrittura" diceva Jean Cocteau.

martedì 17 febbraio 2009

Giosué Carducci "Faida di Comune"











Cittadini di palagio,
mercanti e buon artieri,
e voi conti di maremma,
dai selvatici manieri,
voi di corsica visconti,
vo marchesi de' confini,
vi che re siete in sardegna
e in Pisa cittadini,
voi che in volta del levante mainaste or or la vela
pria che arrossi la Verruca,
e si spenga la candela,
fori porta del parlascio,
su correte arditamente!
su popolo di Pisa, cavalieri e buona gente.

domenica 15 febbraio 2009

Dopo mezzanote

Nel 2003 nasce il film Dopo mezzanotte una bella commedia italiana scritta, diretta e prodotta da Davide Ferrario che giostra un cast giovane, fresco ma dinamico con sullo sfondo la voce narrante di Silvio Orlando.
Martino (interpretato da Giorgio pasotti) è un ragazzo molto timido, introverso e riservato che lavora dentro la Mole Antonelliana come custode di notte del museo del cinema che vi è ospitato all’interno. Possiede una bicicletta e una vecchia cinepresa a manovella e per lui è tutto quello che gli serve per vivere, appassionato del film all’antica gira costantemente con la sua cinepresa per le vie della città con l’intento di creare un cortometraggio.
Amanda (interpretata da Francesca Inaudi) lavora al fast food dove Martino va a cercare regolarmente il suo pranzo. La sua vita è regolata dal lavoro e da una difficile relazione con un tipo detto L’Angelo (interpretato da Fabio Troiano), che di professione fa il ladro d’auto, e come del resto come tutti i ragazzi si accontenta della vita che fa limitandosi solamente a sognare di cambiarla.
Un giorno però le vite di Amanda e Martino s’incrociano quando lei aggredisce il suo presuntuoso datore di lavoro lanciandogli una scodella d’olio bollente addoso e scappa rifugiandosi all’interno del vicino museo del cinema dove incontra Martino che decide di ospitarla per la notte all’interno del museo, mentre fuori la polizia la cerca. Tra i due inevitabilmente nasce una sorta di complicità pacata ma sincera, che lentamente sfocia in un groviglio di sentimenti che si aggirano pericolosamente attorno l’amore.
Dopo qualche giorno di forzata prigionia all’interno del museo, Amanda può finalmente ritornare libera ma si accorge di ritrovarsi nella difficile posizione di dover paragonare e successivamente scegliere tra il suo compagno di sempre e Martino, il nuovo arrivato. Ma è il destino a dover tragicamente scegliere per lei.
La storia d’amore serve solo da sfondo per questa simpatica e leggera commedia ambientata interamente nelle strade di Torino dove Ferrario è bravo a mettere in scena problematiche sociali condendole con un pizzico di ironia che non guasta mai all’atmosfera bohemien che ruota intorno i giovani protagonisti.

venerdì 13 febbraio 2009

E poi si dice in giro che si legge poco......

Cari amici lettori, diversi giorni fa mi sono estasiato nel leggere un'articolo apparso su un portale siciliano d'informazione on line dove si diceva della denuncia di un uomo che aveva preso in prestito dei libri dalla biblioteca di Milano senza mai restituirli. Il fatto strano è che i libri sono tutti di un certo pregio e ammontano a circa 5000 volumi e che nel box dell'abitazione dell'uomo sono stati trovati altri 6000 voumi e se la matematica non è un'opinione il totale ammonta a 11000 volumi. A me la notizia ha suscitato interesse per l'accanito lettore e chiedo pubblicamente di conoscerlo, di vedere che faccia ha e se veramente la sua intenzione fosse legata esclusivamente alla lettura e ad un arricchimento culturale personale o se dietro c'era qualche traffico illecito. Spero col cuore alla prima ipotesi e che tutti i volumi vengano rimessi al loro posto d'origine, ovvero in biblioteca anche se mi chiedo come si fa a prelevare un numero così alto di libri da una biblioteca senza che nessuno se ne accorga.

giovedì 12 febbraio 2009

Invidia, che dolore!


Provare invidia è come sentire vero dolore fisico. Quell'emozione meschina e negativa che ci spinge a desiderare il male per gli altri e a sminuirli per non ammettere che sono migliori di noi è l'equivalente della slogatura di una caviglia o della bruciatura di un dito. Per il nostro cervello le due cose non sono affatto diverse: a rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Science e condotto dall'equipe di Hidehiko Takahashi dell'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche di Inage-ku, in Giappone. Non basta: i ricercatori hanno anche scoperto che il dolore altrui provoca autentico piacere nell'invidioso, la stessa sensazione di appagamento che lasciano il cioccolato e il sesso. La prova è arrivata dalla risonanza magnetica. Il team di Takahashi ha "fotografato" il cervello di 19 uomini e donne e analizzato a livello neuronale le reazioni all'invidia e alla "Schadenfreude", che in tedesco indica proprio il piacere che deriva dalle sventure degli altri. Il risultato nel primo caso è stato un aumento dell'attività nella corteccia cingolata anteriore dorsale, la stessa area che "si accende" quando ci si fa del male fisico. Nel secondo caso, invece, a essere più attivo è lo striato ventrale, che si associa all'appagamento. E' il tipo di benessere che il corpo sperimenta dopo aver mangiato cioccolato, aver fatto sport o sesso oppure aver assunto droghe. La scoperta mostra per la prima volta che il cervello elabora nello stesso modo il vissuto sociale e le sensazioni fisiche, siano esse di dolore o di piacere. "L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente", diceva il filosofo e matematico gallese Bertrand Russell. Ora sappiamo che, in questo caso, l'infelicità non è una astratta sofferenza dell'anima, ma un dolore concreto e pungente.

mercoledì 11 febbraio 2009

Riflessioni su quella cosa chiamata...vita


Cos'è la vita? Dove andiamo? Da dove veniamo? Sono queste domande che ci poniamo oramai dalla notte dei tempi e ad essere onesto e sincero, soprattutto con me stesso, la continua ricerca di impossibili risposte un po' mi stanno nauseando. Tuttavia non posso permettermi di passar oltre ed ignorare codeste domande che puntualmente, giorno dopo giorno, soprattutto in quest'ultimo periodo chissà per quale segno divino, me le ritrovo nella mente che scodinzolano felici in cerca di un padrone che li prende a cuore, li accudisca e soprattutto tenti di abbozzare delle risposte plausibili e il meno approssimative possibili. Ma ogni volta tale esercizio mi risulta difficile, finisco quindi col bloccarmi e riflettere sulla condizione umana che da secoli si ripete in un cicli apparentemente infinito. Si nasce, si vive e si muore. In quei pochi minuti cui mi blocco, la mia mente formula riflessioni e teorie sull'importanza della vita e sulla sua unicità. La vita è una e bisogna viverla intensamente, con passione e creando positività per migliorare il nostro karma (come sostengono delle teorie indiane) e soprattutto tentando di viverla accanto le persone a cui teniamo di più. In quei pochi minuti di intensa riflessione mi accorgo della straordinarietà dell'evento stesso, del trovarmi con una ragione a pensare e riflettere. E rido. Mi sento felice perché qualcuno mi ha dato la possibilità di viverla e di conseguenza mi sento in dovere di agire per ringraziare quel qualcuno o qualcosa. Il terrore della morte, che per pochi secondi mi aveva attanagliato soffocandomi quasi, lentamente svanisce per lasciare posto a una voglia di vita, di agire e creare. Sarà forse che in quest'ultimo periodo non scrivo perché ho da poco terminato un altro romanzo o forse il tempo perennemente grigio e piovoso che manifesta tristezza all'interno del mio ego, ad ogni modo non posso privarmi di pensare che se ogni uomo sulla terra, che abbia un minimo di potere o di rilevanza sociale, ogni singolo giorno della sua esistenza, soltanto per un minuto si fermasse a pensare e capire che la vita è una e che bisogna rispettarla, credo che il mondo sarebbe migliore e soprattutto certi scempi sociali non avrebbero vita.

martedì 10 febbraio 2009

Chissà Se Stai Dormendo di Jovanotti


Hai 18 anni e quell'aria da signora ti sta anche male
e non ci credere quando ti dicono che sei speciale
i complimenti costano poco e certe volte non valgono di più quello che sei,
dove vai ciò che vuoi lo sai soltanto tu
e non ti mettere tutto quel trucco che ti sta male
a me mi piaci perché sei dolce quando sei normale
quando rinunci ai comportamenti da fotomodelle
e mi riempi la faccia di baci e mi accarezzi la pelle
quando mi dici dai spegni la luce che mi vergogno
quando sei lì che ti trema la voce e a me mi sembra un sogno
ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te
e questa notte questa città mi sembra bellissima
ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te
questa notte questa città mi sembra bellissima
chissà se stai dormendo
sei maggiorenne oggi eh e che cosa è cambiato
che puoi firmare le giustificazioni quando avrai "bigiato"
ma nella scuola quella senza i voti non ti serve a niente
perché da oggi devi stare attenta a tutta questa gente
che ti riempie la testa di cose di facce e di miti
che non potrai veramente sapere a che cosa sono serviti
quindi bambina non credere a niente che non sia amore
quindi bambina non credere a niente che non sia amore
ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te
e questa notte questa città mi sembra bellissima
ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te
e questa notte questa città mi sembra bellissima
chissà se stai dormendo
a cosa stai pensando chissà se stai dormendo
da quando abbiamo fatto l'amore ci penso spesso
a quanto è bello quando il sentimento si sposa col sesso
sarà stato il destino a volte penso vorrei lo sai essere stato il primo
e poi ci penso e alla fine è lo stesso perché
perché tanto non l'hai mai fatto come l'hai fatto con me
ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te
questa notte questa città mi sembra bellissima
ti vedo scritta su tutti i muri ogni canzone mi parla di te
questa notte questa città mi sembra bellissima
chissà se stai dormendo
a cosa stai pensando chissà se stai dormendo
chissà se stai dormendo.

lunedì 9 febbraio 2009

Nuovi sogni per i nostri ragazzi


Sabato 17 gennaio 2008, presso il Wisser Club di via Maurizio Ascoli 3 a Palermo, si è svolta l’inaugurazione ufficiale con relativa rassegna stampa, della Da.Re.C. academy. Si tratta della prima succursale dell’importante e professionale accademia di Musical di Roma, creando così un partnership diretto con la capitale e dando l’opportunità ai giovani nostrani di poter studiare nella propria terra e poter quindi portare avanti il sogno di entrare a far parte dell’insidioso ma affascinante mondo dello spettacolo.
Quest’evento è molto significativo per una città come Palermo, che è risaputo, non offre spunti e possibilità di percorsi indirizzati verso l’apprendimento di materie come danza, recitazione e canto a livelli professionali tramite docenti altamente qualificati (si tratta di registi, attori, coreografi, ballerini, musicisti) con notevoli esperienze nel campo professionale e riconosciute qualità artistiche a cui è affidato il compito di formare figure professionali in grado di affrontare le molteplici e impegnative esigenze del mondo dello spettacolo e dell’arte del Musical che richiedono una preparazione tecnica e artistica non indifferente.
Per sottolineare l’importanza di questa nuova realtà che nasce e del relativo investimento per i giovani, la direzione artistica della Da.Re.C academy sarà affidata al maestro Gino Landi (Regista e Coreografo di importanti opere teatrali, film e dei più famosi varietà della RAI) mentre la direzione e la coordinazione didattica invece saranno assegnate a Riccardo Trucchi (Coreografo di commedie musicali e assistente di regia di importanti varietà della RAI). Durante la rassegna stampa, Patrizia Li Vigni, ideatrice del progetto e direttrice dell’accademia dice che: “è importante dare la possibilità ai ragazzi di Palermo e provincia di esprimere le proprie potenzialità senza avere la necessità di spostarsi verso città come Roma o Milano e coi relativi impegni e difficoltà che quelle scelte impongono”.
Infatti, i giovani che decidono di intraprendere il sogno di poter un giorno calpestare i palcoscenici dei più importanti teatri d’Italia, molto spesso sono costretti a rinunciare davanti alle onerose difficoltà cui si trovano a fare i conti quali gli alloggi troppo cari, la lontananza da casa, i distacchi dagli affetti familiari, cio non fa altro che aumentare il loro malcontento alimentando quella sottostima che i giovani nutrono per la loro città che offre poco.
Riccardo Trucchi, già docente della Da.Re.C academy di Roma parla con entusiasmo e molta positività sulla buona riuscita di questo importante progetto che lo ha coinvolto personalmente: “Sono stato catturato fin dall’inizio da questo progetto perché mi sono accorto, tramite alcuni stage fatti in precedenza a Palermo, che i ragazzi di questa città hanno molte energie e voglia di fare e anche se a livello amatoriale, sono molto preparati.” Dinanzi le domande di alcuni genitori che si sono posati il questito su quale futuro questa accademia possa dare ai propri figli iscritti da poco, Gino Landi risponde che: “Al termine dell’accademia noi non assicruamo il lavoro sicuro a tutti gli iscritti ma non c’è dubbio che chi le capacità ce li ha e saprà dimostrarlo sul palco, di sicuro qualcosa succederà”. Aggiunge poi: “Questo è un lavoro molto duro che richiede devozione, coraggio, molta enrgia, impegno, culture, disciplina e tante altri doti necessarie, ma alla fine chi riesce è sempre colui che avrà mostrato tenacia.”
Numerose sono le materie di studio che i giovani affonteranno in questa accademia professionale di musical. Le tre discipline fondamentali quali danza, recitazione e canto, saranno affiancate da altre come potenziamento a queste: improvvisazione, dizione, voce, recitazione teatrale, scherma, tecnica microfonica, movimento scenico, storia del musical, intonazione e tante altre. Inoltre numerosi stage saranno e incontri con noti attori e registi professionisti, saranno organizzati con assiduità nel corso dell’anno accademico che avranno l’obiettivo di arricchire gli studi e mettere in scena ciò che avranno appreso.
L’accademia del Musical, che dispone di ampi locali attrezzati presso il Wisser Club, ha una durata di 33 settimane per circa 20 ore settimanali e sarà aperta a tutti coloro che avranno compiuto 17 anni di età, previo superamento di un provino di ammissione. Al termine di ogni anno verrà rilasciato un diploma di aviamento professionale.

domenica 8 febbraio 2009

Bohemian Rhapsody


Is this the real life, is this just fantasy
Caught in a landslide, no escape from reality
Open your eyes , look up to the skies and see
I'm just a poor boy, I need no sympathy
Because I'm easy come, easy go, little high, little low
Anyway the wind blows, doesn't really matter to me...to me
Mama, just killed a man, put a gun against his head
Pulled my trigger, now he's dead
Mama, life had just begun
But now I've gone and thrown it all away
Mama oooh... Didn't mean to make you cry
If I'm not back again this time tomorrow
Carry on, carry on, as if nothing really matters
Too late, my time has come, sends shivers down my spine
Body's aching all the time
Goodbye everybody, I've got to go
Gotta leave you all behind and face the truth
Mama oooh (any way the wind blows)
I don't want to die, I sometimes wish I'd never been born at all
I see a little silhouetto of a man
Scaramouche, scaramouche, will you do the Fandango
Thunderbolt and lightning, very very frightening me
Galileo (Galileo) Galileo (Galileo) Galileo figaro (Magnifico)
But I'm just a poor boy and nobody loves me
He's just a poor boy from a poor family
Spare him his life from this monstrosity
Easy come easy go, will you let me go
Bismillah! No, we will not let you go, let him go
Bismillah! We will not let you go, let him go
Bismillah! We will not let you go, let me go
Will not let you go, let me go
Will not let you go let me go
No, no, no, no, no, no, no
Mama mia, mama mia, mama mia let me go
Beelzebub has a devil put aside for me, for me, for me
So you think you can stone me and spit in my eye
So you think you can love me and leave me to die
Oh baby, can't do this to me baby
Just gotta get out, just gotta get right out of here
Nothing really matters, anyone can see
Nothing really matters, nothing really matters to me
Any way the wind blows....
Bohemian Rhapsody (che tradotto letteralmente significa “Rapsodia Gitana") è uno dei brani più famosi dei Queen. Uscì come singolo nell'ottobre del 1975 e successivamente fu pubblicata sull’album A Night at the Opera. Scritto interamente da Freddie Mercury, questo brano è considerato l’icona del rock progressivo e sintesi della musica moderna che esprime al meglio l’eclettismo musicale della band. Il brano ebbe alcune difficoltà ad essere pubblicato come singolo a causa della sua durata di quasi 6 minuti, un tempo improponibile per un singolo rock dell’epoca. La svolta si ebbe però quando Kenny Everett, un DJ amico di Freddie Mercury, riuscì a trovare una copia del brano, iniziando a trasmetterlo di sua iniziativa durante le sue trasmissioni. Il successo che ne conseguì fu tale che la casa discografica dei Queen pubblicò il singolo, che vinse il disco di platino. La canzone infatti presenta sei parti, caratterizzate da generi completamente diversi tra loro, miscelate con grande maestria tra ballata, hard rock, opera e assolo di chitarra. Per quanto riguarda il vero significato di questo testo, sono state formulate molteplici opinioni, tra cui quella che afferma che Mercury si ricordava di una frase in latino che sentì da piccolo, galileo figurus magnificus, che significa Dio è magnifico e che volle scrivere una canzone inserendo questo messaggio, anche se ancora oggi non si è arrivati a una spiegazione unica ed esauriente. Nel 2000, Bohemian Rhapsody è stata eletta nel Regno Unito canzone del secolo.

sabato 7 febbraio 2009

Una pianura un tempo verde




Quella pianura compresa fra i Monti Pellegrino ed il Mar Tirreno che circonda la città di Palermo e i centri abitati limitrofi, tra cui Monreale, Bagheria, Aspra, Villabate e Ficarazzi, che si estende per circa cento chilometri quadrati, è denominata “Conca d’oro”. Un tempo questa immensa pianura era interamente coltivata ad agrumeti. Oggi, a causa di un’esagerata e incotrollata espansione urbanistica, questo patrimonio naturale è stato via via distrutto e sostituito dal cemento.
Sembrerebbe retorico ripetere che la causa principale di distruzione di questo patromionio provinciale è l’uomo, ma siamo davanti, ancora una volta, in presenza di una prova tangibile che se l’uomo non rifletta bene su dove posare ruspe e pale meccaniche, può ritrovarsi davanti a problemi ben più gravi. Difatti, questa valle, un tempo dominata da alberi, rappresentava il polmone verde di Palermo e provincia e la sua continua distruzione, oltre ad impoverire la qualità e il riciclo dell’aria, potrebbe causare fenomeni di erosione del suolo e quindi seri rischi di frane, smottamenti e avvallamenti con gravi conseguenze per le abitazioni.
Oltre ai danni causati al suolo, la continua distruzione di questo patrimonio boschivo e il suo continuo abbandono, comporta una drastica diminuizione di produzione da parte dei nostri pregiati agrumeti, con il conseguente bisogno di importare agrumi da paesi stranieri. Un paradosso se pensiamo che non siamo in grado di soddisfare il fabbisogno interno. I nostri pregiati agrumi necessitano dell’istituzione di un marchio d’origine protetta favorendone e incentivandone il suo commercio nella nostra cara isola.

venerdì 6 febbraio 2009

Il mio dolore

Perle argentate
il mare ha profuso
dagli immani forzieri
dischiusi
che sulle brune scogliere
si infrangono.
Eri livido
turgido e striato
preda di perfido furore
e dagli abissi evocavi
scheletri di ciclopi
scagliati
dai gorghi dei flutti
immensi
Sulle creste sollevati
quei paurosi giganti
insidiano ogni vita
ogni bene.
Irato conviene che ti celi
al mio cospetto
poiché tutto risveglia
il mio dolore.

I sessant'anni di Tex Willer




Sono passati più di sessant’anni da quando, nel lontano 1948, dall’esperimento di Gian Luigi Bonelli e di Aurelio Galleppini, nasceva Tex Willer, il famoso ranger vestito con camicia gialla, jeans e stivali che andava a cavallo, insieme ai suoi tre fedeli pards a difendere le ingiustizie che subivano gli onesti cittandini delle sperdute praterie dell’america centroccidentale, destando particolar interesse alla protezione degli indiani nativi d’america che lo chiamavo “aquila della notte”, e porprio per questa sua devozione verso la protezione di questo popolo, Tex fu proclamato capo della tribù Navajo.
La nascita di Tex, rivoluziona in qualche modo l’immagine che si ha comunemente degli indiani nativi d’america, visti più che altro come selvaggi pronti a difendere col sangue i prorpi confini territoriali delle riserve che il governo americano aveva affidato loro dopo dure e lunghe battaglie. Con Tex queste tribù indiane appaiono come popoli ricchi di tradizioni e culture e quindi degni di assoluto rispetto da parte di tutti gli americani arrivati “dopo”.
Oggi Tex è uno dei fumetti più venduti in Italia, conta circa 576 albi normali, per tradizione tutti in bianco e nero a parte i numeri 100 e suoi multipli, e non sembra proprio che voglia andare in pensione. Inoltre particolare attenzione destano gli albi speciali, caratterizzati dalla presenza di materiale informativo sui territori dove si snodato le vicende e da formati extra e ben più ricchi di pagine rispetto ai formati tradizionali.
Il personaggio di Tex, affiancato dai fedelissimi Kit Carson, il figlio Kit Willer e l’amico indiano Tiger Jack, rappresenta il tipico eroe che non ama le ingiustizie e disposto a far tronfare la giustizia a costo di violare la legge. Il cowboy, abilissimo nei corpo a corpo, è anche dotato di una mira infallibile, di nervi saldi che gli permettono di mantenere lucidità ogni qualvolta si trovi in situazioni difficili come quando affronta i celebri nemici come Mefisto o suo figlio Yama.
Nel corso dei decenni, benché il personaggio non abbia subito grandi variazioni nella sua realizzazione grafica e della mission iniziale dei testi delle sue avventure, si sono susseguiti diversi disegnatori e narratori italiani e a volte anche stranieri, che hanno saputo sempre mantenere alto il livello di un fumetto che ha saputo conquistare milioni di lettori e collezionisti.

mercoledì 4 febbraio 2009

Zapping notturno


Troppe volte succede di rientrare la sera tardi ed accendere la televisione per pura meccanicità dei gesti e consolidata abitudine. Ogni volta si rimane estasiati, attratti e incollati davanti lo schermo, davanti bellissimi film d’autore che hanno fatto la storia del cinema italiano e internazionale o di fronte a certe trasmissioni notevolmente interessanti che vengono trasmesse durante quelle proibitive fasce orarie in cui la maggior parte della popolazione riposa.
Si tratta di trasmissioni a carattere culturale, storico, artistico, documentari naturalisti o che trattano di professioni artigianali, le cui arti si tramandano di generazione in generazione come un bene prezioso da salvaguardare. Figure quali quelle dei liutai, degli accordatori di strumenti musicali, dei tessitori artigianali o dei restauratori di mobili, in genere di tutti quegli artigiani, immersi in un mondo e in un’epoca in cui l’industria e la catena di montaggio stanno ingoiando e sommergendo tali professioni fino a farle sparire quasi del tutto a causa della freneticità della nostra epoca dove vogliamo tutto e in breve tempo.
Si tratta di attività antichissime che richiedono passione e devozione, molto spesso misconosciute dai giovani, vittime di un generale disinteressamento della nostra società consumista e dominata sempre più da internet. La generazione odierna sta vivendo una fase di vera e propria alienazione e distaccamento dalla realtà del mondo professionale manuale e artistico di un tempo: tale allontanamento trova la propria causa negli svaghi e nell’utilizzo dei molteplici e moderni strumenti elettronici, quali cellulari, ipod, computer, che favoriscono l’accesso facile in mondo virtuale e poco pratico. Nella nostra attuale epoca dell’immediatezza e del virtuale, sempre alla continua ricerca di relazioni e rapporti con gli altri, la sola idea di trascorrere prezioso tempo nell’applicazione di un lavoro manuale e artistico, che magari preveda il restauto o la realizzazione di un oggetto con metodi anticissimi, diviene praticamente impensabile.
Ma se in televisione è possibile fruire di informazioni su queste antiche professioni tramite trasmissioni e documentari, perché mai ciò viene relegato a fasce orarie inaccessibili per la maggior parte della gente e dei giovani in particolar modo? L’attuale programmazione televisiva pomeridiana invece prevede spettacoli di tutt’altro genere, sicuramente poco educative e interessanti e di certo non dotate di alto spessore culturale, sociologico e artistico.
I potenti che monopolizzano il più diffuso mezzo di comunicazione di massa della nostra epoca, quale la televisione, dovrebbero assumersi molte più responsabilità morali nei confronti dell’utenza cittadina, che come ricorderemo, viene anche tassata, mediante un canone annuo, per usufruire di un servizio pubblico informativo. Nella selezione degli argomenti e dei temi di tale informazione occorrerebbe prestare meno attenzione ai risvolti economici e ai tornaconti finanziari, per poter invece concentrare l’interesse verso le implicazioni sociali ed economico-politiche del trasmettere taluni programmi.
Presentare ad un pubblico vasto filmati su professioni alternative, oramai insolite e in via d’estinzione, potrebbe costituire uno stimolo nuovo per i giovani e forse favorire la nascita di una nuova tendenza professionale, nuova ed antica al tempo stesso, che riesca ad alleviare in qualche modo la regnante ideologia consumista. Perché rispolverare i tesori del passato spesso consente uno sviluppo e una crescita più sana per il futuro e certamente aiuterebbe il mondo dei giovani a distrarsi dai valori superficiali e futili dell’apparenza per godere di arricchimento e scoperta in termini di capacità e conoscenza
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martedì 3 febbraio 2009

Oligarchia editoriale


Se guardiamo su qualsiasi quotidiano o periodico nazionale, le classifiche dei libri più venduti, che si tratti di saggi, romanzi di autori italiani o stranieri, ci accorgiamo che nelle prime dieci posizioni, quasi sempre troviamo libri e autori pubblicati con le solite e note case editrici.
In Italia, il mercato del libro è praticamente monopolizzato da quattro grandi gruppi editoriali, che si spartono circa il novanta per cento del mercato nazionale, rendendo la spravvivenza quasi impossibile a molte piccole realtà editoriali. Codesti gruppi sono: Bompiani, Rizzoli, Feltrinelli e Mondadori. Tutte le altre case editrici indipendenti, si devono spartire la restante e minuscola quota di mercato. Le conseguenze di questa “mafia editoriale” sono molteplici. Le piccole case editrici non possono finanziariamente investire su nuovi autori, perché in un mercato dove si vendono solo autori già di successo, l’autore esordiente non avrà mai la possibilità di emergere. Inoltre, la distribuzione a livello nazionale, comporta tutta una serie di rischi commerciali e spese finanziarie, che non tutte le case editrici possono permettersi, quindi sarà difficile trovare le opere di autori esordienti distribuite a livello nazionale presso le migliori librerie.
La maggior parte di queste piccole e medie case editrici indipendenti, che dispongono di limitati spazi di mercato e ridotte risorse volte all’investimento, sono costrette a chiedere agli autori esordienti, un contributo per la pubblicazione della propria opera che spesso si traduce nell’acquisto di un numero di copie della propria opera. Ciò comporta un trasmissione di notevole sfiducia e sgomento, verso chi tenta di approcciarsi a questo mondo, con la consegueziale e automatica rinuncia dell’aspirante scrittore alla propria passione.
In un mercato editoriale che vive, del resto come tutti gli altri settori, un periodo di profonda crisi, questi libri dei giovani autori esordienti risultano praticamente invendibili, per mancanza ovviamente di pubblicità (le più importanti testate giornalistiche nazionali non dedicano mai spazi ai giovani autori esordienti) e di una non buona distribuzione.
Questa tendenza tuttavia non potrà mai invertirsi perché siamo di fronte un sistema consolidato da anni, dove il più piccolo per legge di natura, è costretto a soccombere. Tuttavia qualcosa si può pur sempre tentare, come partecipare alle fiere del libro e della piccola editoria, create appositamente con lo scopo di far scoprire le piccole realtà editoriali al grande pubblico. Un’altra iniziativa positiva potrebbe essere rappresentata da internet, andando a cercare i siti di quelle case editrici che propongono nuovi autori, spesso con opere di qualità. Per ultimo e consiglio che mi sento di dare a tutti i lettori, quado si entra in una libreria, è quello di non farsi imbonire dalle belle copertine e sopratutto dai libri maggiormente esposti ed esclusivamente di autori già famosi, ma di andare a curiosare negli scaffali più bui e meno in vista, che quasi sempre sono riservati agli autori sconosciuti.

lunedì 2 febbraio 2009

Amore, amore....... Amore.


Non sarà che alle nozze di anime costanti io ammetta impedimenti.

Amore non è amore, che muta quando scopre mutamenti

o a separarsi inclina quando altri si separan...

Oh no! è un faro irremovibile, che mira la tempesta e mai ne viene scosso..

è la stella di ogni barca sperduta

dal potere ignoto, anche se si tenta di quantificarlo.

L'amore non si sottomette al tempo, anche se le labbra e le guance rosee

cadono sotto la sua arcuata falce...

L'amore non si altera con brevi ore o settimane

ma coraggioso resiste fino al giorno del giudizio.

Se questo è un errore e verrà provato

io non avrò mai scritto e nessun uomo mai amato...

(Sonetto 116, de "I sonetti" di William Shakespeare)


Amore, amore e sempre di amore di parla nel mondo. Se attuiamo una profonda e attenta analisi scopriremo che ahimé l'amore non esiste, specialmente in un'epoca come la nostra dove ci si innamora non più del saper essere, bensì dell'apparenza. L'amore lo definisco come uno stadio mentale, una condizione di vita non dettata dal cuore o da quell'insieme di sentimenti e valori unici che lo compongono, ma da una specifica condizione che deve destare al partner sicurezza, stabilità e rilassatezza. L'amore è sofferenza quotidiana invece, oltre che un perenne desiderio di vivere. Ce lo insegna la storia con tutti i suoi scrittori che nel corso dei secoli hanno creato personaggi che si sono battuti per raggiungere e mantenere questa posizione mentale. E dopo queste mie parole, che si aggirano pericolosamente intorno la critica, affermo che io stesso sono uno di quelli cui crede nell'amore, anche se avrei mille motivi per non farlo.

domenica 1 febbraio 2009

Il rispolvero di un periodico dinamico e liberty


In un secolo che si appresta ad essere colonizzato da internet, anche l’informazione, come già parlato in precedenza, si appresta a subire cambiamenti. I giornali cartacei verranno sempre più snobbati contro siti e portali on line. In un periodo come questo, dove già si leggono pochi libri e pochi giornali, con coraggio, determinazione e speranza per l’avvenire, riprende la pubblicazione de “Il bandolo”, un periodico di cultura fondato oltre un secolo fa, precisamente nel 1901 da Luigi Consiglio Lo Castro.
La storia di questo periodico è lunga e caratterizzata da tre fasi salienti, la prima, quella dei primi anni del secolo dove il periodico circolava nei salotti culturali di una Palermo molto letteraria e sede di prestigiose case editrici, che nel tempo sono scomparse. La seconda, quella che va dal 1981 al 1985, quando fu Ovidio Consiglio a riprendere in mano il periodico di famiglia e ripubblicarlo, quelli furono anni molto complessi, caratterizzati dal piombo della mafia dove Il bandolo riscuoteva enorme successo presso Università, Accademie e Scuole in genere tanto da essere stato iscritto allo “Albo dei giornali di alto valore culturale” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ma quel periodo di successo volse presto al termine a causa della salute non egregia di Ovidio Consiglio che dovette interrompere la pubblicazione del pariodico. A distanza di ventitré anni, la testata riprende vita grazie al nipote del fondatore, il professor Luigi Gianfranco Consiglio, che con amore e pazienza tenta una nuova avventura nel tentativo di conquistare il cuore di quei palermitani attenti alla vera mission di un periodico che vuole diffondere cultura mantenendo quello spiritito e quell’ideologia democratica che per decenni lo hanno contraddistinto nel panorama editoriale palermitano.
Sfogliando le pagine di questo periodico, ci ritroviamo di fronte articoli interessanti e ben scritti come “Palermo....in ferrovia” di Emanuele Nicosia, “Ottocento siciliano” di Rosario Lentini, “Perché la Contessa Adelasia morì a Patti” di Pasquale Hamel oppure “Il viale della libertà, prima che lo restringessero” di Luigi Gianfranco Consiglio. Sul periodico si possono leggere poesie edite e inedite di affermati e giovani artisti siciliani, recensioni di libri di autori ed editori nostrani. Inoltre sulla rivista appaiono tanti piccoli trafiletti che destano particolare attenzione a tematiche tanto care ai palermitani come l’arte e la musica. Inoltre nelle ultime pagine di ogni numero, un’avvincente storia illustrata a puntate, terrà compagnia gli appassionati lettori. Si tratta delle vicende del celebre poliziotto italiano Joe Petrosino, narrate e illustrate dal giovane Fabio Consiglio.
Nel mese di Gennaio de "Il Bandolo" troverete una recensione del romanzo "Esprit libre" e in più una nuova rubrica di recensioni di libri gestita direttamente da me.

Finalmente.....Blog



I libri, strumenti principi del sapere, come ben noto, nascondono un immenso tesoro storico, culturale, espressivo nonché fantasioso all’interno delle pagine cui sono formati. Ogni volta che se ne legge il contenuto c’è il rischio di incappare in sentimenti, emozioni, riflessioni che abbiamo già vissuto nella vita reale oppure cominciare a viaggiare ripercorrendo a ritroso secoli e secoli di evoluzione storico artistica che ci ha portati nel nostro ventunesimo secolo.

La parola è un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e invisibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti a calmar la paura, e a eliminare il dolore, e a suscitare la gioia, e ad aumentar la pietà.... La poesia nelle sue varie forme io la ritengo e la chiamo un discorso con metro, e chi l’ascolta è invaso da un brivido di spavento, da una compassione che strappa le lacrime, da una struggente brama di dolore, e l’anima patisce, per effetto delle parole, un suo proprio patimento.” Questo testo è tratto da L’encomio di Elena, testo del filosofo sofista Gorgia da Leontini. Si tratta di una chiara dimostrazione della reale forza della parole che posseggono un potere straordinario, capace di stravolgere e persuadere animi, pensieri e credenze secolari come fece appunto Gorgia per discolpare Elena dall’accusa di aver provocato la sanguinosa guerra di Troia.

Ma il mio blog non si occuperà solo di libri. Ci saranno notizie d’attualità, cultura, cronaca, eventi che sconvolgono o segnano in continuazione la nostra vita. Appariranno comunicati, articoli, recensioni di libri e di film, si parlerà di musica e di ogni genere artistico volto ad arricchire la mente e il sapere umano nel suo complesso e inarrestabile ciclo evolutivo.