"Il fatto che la comunità sia sempre presente nella vita di tutti i giorni ci fa sentire sicuri. Non è qualcosa di fluido, di liquido. Non ci abbandona mai e non ci fa sentire soli. Ogni qualvolta che ne abbiamo bisogno, la comunità a cui apparteniamo è sempre lì ad aspettarci e questo ci dà conforto". (Zygmunt Bauman).

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venerdì 2 aprile 2010

HAPPINESS IS LIVING IN A SMALL COUNTRY


At the University of Leicester, Adrian White, an analytic social psychologist, produced the first ever global projection of international differences in subjective wellbeing: the World Map of Happiness.
In general, people in rich countries are happier – or at least feel they are happier – than people in poor ones. But an even more striking one is that people in small countries are happier than people in large ones.
The largest of the top 20, Canada, has only 33 million people and most of the rest have fewer than ten million. Of the big countries, the US does rather well at 23rd, Germany is 35th, the UK 41st and France 64th. China is middle of the pack at 82nd and is happier than Japan at 90th, while India and Russia languish at 125th and 167th. Finally there is a little sad group at the bottom: the Democratic Republic of the Congo is 176th, Zimbabwe 177th and Burundi is 178th.
So there are no simple rules that governments can follow to make voters feel happier. It is not just that we are not Denmark or Switzerland, to take the top two in the list. It is that Denmark and Switzerland are very different societies from each other, organised in quite different ways. To take just one measure of that difference, the government in Switzerland spends 33 per cent of GDP (Gross Domestic Product), while in Denmark it spends 52 per cent. No, it seems to me that insofar as it is within the capacity of government to increase the happiness of its citizens, the main thing it should strive for is competence. It matters less how big government is but how good it is.
In their different ways both Denmark and Switzerland have competent governments.


World’s 10 Happiest nations:
1 Denmark
2 Switzerland
3 Austria
4 Iceland
5 Bahamas
6 Finland
7 Sweden
8 Bhutan
9 Brunei
10 Canada

Source: University of Leicester/Hamish Mc rae

mercoledì 15 aprile 2009

Alcool? Anche senza va bene...


Ecco il mio primo articolo apparso sul nuovo portale Cogito et Volo. Un portale innovativo che da la parola ai giovani....

giovedì 26 marzo 2009

Cattive mode nei giovani

In questi ultimi anni si è assistito, con estremo sgomento, a una proliferazione inaudita di alcune mode tra i giovani quali quella dello spinello o cannabis, e dell’alcool. Se prendiamo in considerazione il terrificante dato che in Italia il trentadue per cento dei ragazzi tra i quindici e ventidue anni ha fatto uso di sostanze stupefacenti più o meno leggere, mi chiedo con fervore dove arriveremo nei prossimi anni. Questo trentadue per cento traduce che tre ragazzi su dieci si è fatto uno spinello e che di questi tre, due sicuramente ne faranno ancora uso e di questi due, almeno uno passerà a qualcosa di più pesante. Inoltre, oltre a essere insieme alla Spagna il paese che in Europa fa più consumo della vecchia “canna”, In Italia si sta diffondendo, con dati sempre più preoccupanti, il consumo di cocaina. Per quanto l’alcool, la diffusione tra i giovani si allarga vistosamente. Il novanta per cento dei ragazzi, minorenni e non, ingerisce più di un cocktail alcolico durante le sue uscite del fine settimana. Ed è risaputo che l’associare alcool a sostanze stupefacenti, aumenta il danno a livello cerebrale.
É chiaro che nel nostro paese e in Europa in genere, tra i giovani si sta attuando una chiara snaturazione della personalità, di malessere di vivere, di incomprensioni, incapacità a gestire e sviluppare rapporti con gli altri, ribellioni, che spingono questi ragazzi, dove molto spesso i buoni e fondati esempi vengono a mancare, a fare uso di alcool e di queste sostanze con l’obiettivo e la speranza di alleviare loro il dolore e la noia di un’esistenza ben al di sotto delle loro aspettative. I ragazzi d’oggi, pur di soccombere a una vita a volte piena di vari problemi, esistenziali o familiari o sociali che siano, si rifugiano in questi eccessi nella speranza di “dimenticare”, ma ciò è doppiamente deleterio, perché se da un lato si attua una progressiva e subdola distruzione dell’organismo, da un altro si peggiora quel sentimento di problematica solitudine e accentuando delle note di depressione che nascono a volte senza che l’individuo se ne rende conto innalzando così istintive barriere contro gli altri.
A sottolineare questi dati sconfortanti che si espandono tra i giovani del nostro secolo, c’è pure l’impotenza del contesto scuola, visto che nella stragrande maggioranza dei casi, si comincia a fare uso di sostanze stupefacenti proprio nelle scuole: in bagno, all’uscita, in cortile, nei vicoletti adiacenti, insomma per i ragazzi italiani e europei in età scolare sta diventando abitudinario farsi uno spinello prima di entrare a scuola o i pomeriggi all’uscita.
Ovviamente bisogna tener conto di quegli ambienti sociali spesso degradati che spingono questi ragazzi a una fuga dalla realtà. Molto spesso questi ragazzi sono animi dalle deboli personalità, fragili caratteri che, non trovando appigli e esempi validi nelle istituzioni, si lasciando tentare da strade sconosciute e buie dove spesso il percorso a ritroso richiede fatiche tremende.
La piaga della droga é di certo un problema che non riguarda solo il governo italiano, ma tutti a livello internazionale, quindi è compito di tutti tenere gli occhi bene aperti e non esitare a denunciare situazioni compromettenti. In gioco c’è il futuro di intere generazioni e non possiamo permetterci che queste droghe, più o meno pesanti, rappresentino un mondo a parte dove rifugiarsi in caso di fuga dalla realtà. Per l’alcool a nulla servono provvedimenti che vietano la somministrazione di bevande alcoliche ai minorenni e dopo le due di notte. Ovviamente non bisogna generalizzare, c’è chi beve un bicchiere in compagnia dopo una settimana di lavoro o di studio e ciò è pure apprezzabile, ma bisogna stabilire a priori il limite tra semplice divertimento e sballo e soprattutto non entrare nel pericoloso tunnel della routine. Per superare i problemi che la vita pone davanti i giovani del nostro secolo, ci sono parecchi metodi, molti dei quali divertenti e istruttivi allo stesso tempo. Ma non è compito esclusivamente del singolo ragazzo far si che certe sbagliate abitudini prendano il sopravvento sul suo stile di vita, bensì dell’intera comunità.

lunedì 23 febbraio 2009

Networking dipendenza

Nel nostro millennio e col progresso che praticamente ci corre dietro con frenetica velocità, fare a meno del web e dei social network sta diventando praticamente impossibile. Ma cosa si cela veramente dietro queste paroline misteriose? Si cela tutto un sistema ramificato e consolidato di intrecci di comunicazioni e relazioni on line tra amici, colleghi e sconosciuti e spesso gente indesiderata.
Negli ultimi anni, si è assistito a un vero e proprio assalto verso alcuni siti di social network come myspace, facebook, msn o badoo su tutti. Solo in Italia, per esempio, i siti più comuni raccolgono più di cinque milioni di utenti rappresentando il loro passatempo preferito, ma è ovvio che questi dati diventano "vecchi" nel giro di poche settimane. Una cifra impressionante se si pensa il breve periodo di vita che hanno questi siti. Gli scopi per questa massiccia aderenza sono molteplici, si va dalla promozione del proprio lavoro a quella più diffusa di conoscenza di gente per arricchire la propria sfera di amicizie.
Se da un lato questo proliferare di siti ci permette di valorizzare il proprio lavoro o le proprie arti e fare amicizie, da un altro crea una certa dipendenza che a lungo andare potrebbe diventare dannosa per la salute dei fanatici favorendo il cosiddetto “technostress”. E si deve pure aggiungere il fatto che questa dipendenza, oltre a favorire l’ansia, molto spesso distrae gli impiegati dal lavoro, sottraendo loro tempo prezioso e rendendoli meno produttivi e operativi.
Alcune grandi società e pubbliche amministrazioni, stanno prendendo misure di sicurezza verso questa eccessiva dipendenza dai social network, limitandone l’accesso ai propri dipendenti durante le ore lavorative. Si tratta di un piccolo passo avanti nel tentativo di non distrarre troppo le persone almeno durante le ore lavorative, ma il passo migliore sarebbe quello di indirizzarle verso passioni non virtuali come leggere un buon libro, suonare uno strumento musicale o praticare sport. La nostra società in continua evoluzione non ci permette assolutamente di non contiuare ad un ritmo frenetico l'intreccio di nuove relazione e il mantenimento di contatti già esistenti, non c'è dubbio che il futuro è in mano al web e che l'uomo lentamente ma inesorabilmente sarà rilegato ad un ruolo sempre più marginale, di macchina costretta a non poter vivere senza web.

giovedì 12 febbraio 2009

Invidia, che dolore!


Provare invidia è come sentire vero dolore fisico. Quell'emozione meschina e negativa che ci spinge a desiderare il male per gli altri e a sminuirli per non ammettere che sono migliori di noi è l'equivalente della slogatura di una caviglia o della bruciatura di un dito. Per il nostro cervello le due cose non sono affatto diverse: a rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Science e condotto dall'equipe di Hidehiko Takahashi dell'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche di Inage-ku, in Giappone. Non basta: i ricercatori hanno anche scoperto che il dolore altrui provoca autentico piacere nell'invidioso, la stessa sensazione di appagamento che lasciano il cioccolato e il sesso. La prova è arrivata dalla risonanza magnetica. Il team di Takahashi ha "fotografato" il cervello di 19 uomini e donne e analizzato a livello neuronale le reazioni all'invidia e alla "Schadenfreude", che in tedesco indica proprio il piacere che deriva dalle sventure degli altri. Il risultato nel primo caso è stato un aumento dell'attività nella corteccia cingolata anteriore dorsale, la stessa area che "si accende" quando ci si fa del male fisico. Nel secondo caso, invece, a essere più attivo è lo striato ventrale, che si associa all'appagamento. E' il tipo di benessere che il corpo sperimenta dopo aver mangiato cioccolato, aver fatto sport o sesso oppure aver assunto droghe. La scoperta mostra per la prima volta che il cervello elabora nello stesso modo il vissuto sociale e le sensazioni fisiche, siano esse di dolore o di piacere. "L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente", diceva il filosofo e matematico gallese Bertrand Russell. Ora sappiamo che, in questo caso, l'infelicità non è una astratta sofferenza dell'anima, ma un dolore concreto e pungente.

mercoledì 11 febbraio 2009

Riflessioni su quella cosa chiamata...vita


Cos'è la vita? Dove andiamo? Da dove veniamo? Sono queste domande che ci poniamo oramai dalla notte dei tempi e ad essere onesto e sincero, soprattutto con me stesso, la continua ricerca di impossibili risposte un po' mi stanno nauseando. Tuttavia non posso permettermi di passar oltre ed ignorare codeste domande che puntualmente, giorno dopo giorno, soprattutto in quest'ultimo periodo chissà per quale segno divino, me le ritrovo nella mente che scodinzolano felici in cerca di un padrone che li prende a cuore, li accudisca e soprattutto tenti di abbozzare delle risposte plausibili e il meno approssimative possibili. Ma ogni volta tale esercizio mi risulta difficile, finisco quindi col bloccarmi e riflettere sulla condizione umana che da secoli si ripete in un cicli apparentemente infinito. Si nasce, si vive e si muore. In quei pochi minuti cui mi blocco, la mia mente formula riflessioni e teorie sull'importanza della vita e sulla sua unicità. La vita è una e bisogna viverla intensamente, con passione e creando positività per migliorare il nostro karma (come sostengono delle teorie indiane) e soprattutto tentando di viverla accanto le persone a cui teniamo di più. In quei pochi minuti di intensa riflessione mi accorgo della straordinarietà dell'evento stesso, del trovarmi con una ragione a pensare e riflettere. E rido. Mi sento felice perché qualcuno mi ha dato la possibilità di viverla e di conseguenza mi sento in dovere di agire per ringraziare quel qualcuno o qualcosa. Il terrore della morte, che per pochi secondi mi aveva attanagliato soffocandomi quasi, lentamente svanisce per lasciare posto a una voglia di vita, di agire e creare. Sarà forse che in quest'ultimo periodo non scrivo perché ho da poco terminato un altro romanzo o forse il tempo perennemente grigio e piovoso che manifesta tristezza all'interno del mio ego, ad ogni modo non posso privarmi di pensare che se ogni uomo sulla terra, che abbia un minimo di potere o di rilevanza sociale, ogni singolo giorno della sua esistenza, soltanto per un minuto si fermasse a pensare e capire che la vita è una e che bisogna rispettarla, credo che il mondo sarebbe migliore e soprattutto certi scempi sociali non avrebbero vita.

lunedì 2 febbraio 2009

Amore, amore....... Amore.


Non sarà che alle nozze di anime costanti io ammetta impedimenti.

Amore non è amore, che muta quando scopre mutamenti

o a separarsi inclina quando altri si separan...

Oh no! è un faro irremovibile, che mira la tempesta e mai ne viene scosso..

è la stella di ogni barca sperduta

dal potere ignoto, anche se si tenta di quantificarlo.

L'amore non si sottomette al tempo, anche se le labbra e le guance rosee

cadono sotto la sua arcuata falce...

L'amore non si altera con brevi ore o settimane

ma coraggioso resiste fino al giorno del giudizio.

Se questo è un errore e verrà provato

io non avrò mai scritto e nessun uomo mai amato...

(Sonetto 116, de "I sonetti" di William Shakespeare)


Amore, amore e sempre di amore di parla nel mondo. Se attuiamo una profonda e attenta analisi scopriremo che ahimé l'amore non esiste, specialmente in un'epoca come la nostra dove ci si innamora non più del saper essere, bensì dell'apparenza. L'amore lo definisco come uno stadio mentale, una condizione di vita non dettata dal cuore o da quell'insieme di sentimenti e valori unici che lo compongono, ma da una specifica condizione che deve destare al partner sicurezza, stabilità e rilassatezza. L'amore è sofferenza quotidiana invece, oltre che un perenne desiderio di vivere. Ce lo insegna la storia con tutti i suoi scrittori che nel corso dei secoli hanno creato personaggi che si sono battuti per raggiungere e mantenere questa posizione mentale. E dopo queste mie parole, che si aggirano pericolosamente intorno la critica, affermo che io stesso sono uno di quelli cui crede nell'amore, anche se avrei mille motivi per non farlo.