
La chiave comica non abbandona mai il testo, venata da malinconia e disperazione, inserita per alleviare il rapporto non idilliaco tra padre e figlio e soprattutto dello scontro tra due generazioni e due culture, una antica e contadina, l'altra moderna e rarefatta che è riuscita a conquistarsi dei posti di rispetto nella società e che guarda le proprie origini con distacco e imbarazzo.
"E' meglio morire di bevute che morire di sete" dice Angelo Musso, il vecchio produttore del vino che il protagonista ha bevuto per gran parte della sua vita e che lo ha fatto ammalare. Un racconto di vita sincero, senza cinismo, senza sbavature, diretto e vero, che traccia lo sfacelo e i conflitti di una famiglia di emigrati italiani, tra egoismo, orgoglio, invidia e sogni infranti.