La prima cosa di cui ci si accorge nel momento in cui si recupera il bagaglio dopo aver oltrepassato la cosiddetta ‘‘border line’’ all'aeroporto di Stansted, è che si trovano inservienti con le casacche fluorescenti ad ogni angolo del terminale pronti ad aiutare i passeggeri nel trovare la retta via per raggiungere il centro di Londra o le località sparse nella periferia della megalopoli inglese. Il coach che porta in centro città scorre sulla corsia di sinistra e questo reca non poca impressione a chi è abituato a guidare sulle ''normali'' corsie di destra. Arrivati in centro città, si rimane sconvolti dell’ifinito groviglio di linee della metropolitana che servono la città in lungo e in largo e lì dove l’underground non arriva, ecco un efficiente sistema di autobus, quelli rossi a due piani, a portata di biglietto che ha il solo inconveniente di costare 6 sterline anche se con questo è possibile utilizzare metropolitana e autobus per l’intero arco della giornata nel centro città e nella vicinissima periferia.
Londra conta circa una decina di milioni di abitanti rendendola una delle città più cosmopolite del pianeta dove tutte le religioni, etnie, culture, lingue, abitudini si incontrano e si confrontano facendo abbattere ogni muro di ipocrisia e chiusura mentale che da tanti anni attanaglia la mentalità della nostra bella Italia.
Per ogni permanenza che si rispetti a Londra, non si può certo non visitare alcuni luoghi di culto tra cui la National Gallery situata su Trafalgar square, il British Museum, la Saint Paul cathedrale, Buckingam Palace coi suoi giardini reali, il museo delle cere Madame Tussaud, ma anche Harrods, Covent Garden e tutti i mercatini dove perdersi dentro come quelli di Notting Hill e Candem town. Ma c’è qualcosa che attrae la gente a Londra e come una calamita la tiene attaccata verso di se: si tratta della sua aria, della sua atmosfera molto positiva e creativa che per qualcuno come il sottoscritto ‘‘costretto’’ a creare, è molto importante, vitale quasi.
Tuttavia c’è da considerare un effetto contraddittorio all’effetto cosmopolita che un’immensa città dovrebbe produrre in automatico: si tratta di quello spirito di conservazione della specie che spinge gente proveniente del suo stesso paese a restare estranei al melting pot e mantenere intatte quell’insieme di tradizioni, tra cui lingua e abitudini, che formano la cultura di un determinato popolo. Si tratta delle gente proveniente da est, ma anche dei portoghesi e degli italiani anche. La cosa che pero’ mi lascia ancor più perplesso è che sono i giovani in primis ad alimentare questa cosiddetta ‘‘conservazione della specie’’ quando invece dovrebbero tentare, in maniera molto easy ovviamente, di allontanarla e immergersi nella cultura british, determinante per un buon apprendimento della lingua inglese e soprattto calarsi in un mondo affascinante e ricco di creatività organizzata.
Quest’impressione mi ha suscitato diversi spunti di riflessione sul fatto che contare su noi stessi e basta, risulta ancora difficile in un’era come la nostra dove tutto è accessibile, perché abbiamo ancora necessità di avere gente della nostra ‘‘specie’’ nei paraggi che ci guidi e in un certo senso ci dia una certa tranquillità trasformandosi in punti di appoggio. Spero che qusto messaggio non urti la sensibilità di certuni e che invece serva da sprono a chi si accinge a vivere un’esperienza nella Greater London, così come in qualsiasi posto straniero, grande e lontano dal paese natale. Perché solo immergendosi interamente in una cultura straniera, abbandonando per un certo periodo le tradizioni, si può veramente capire il valore di un popolo e il processo che ha portato costui a essere ciò che è in questo millennio.
Londra conta circa una decina di milioni di abitanti rendendola una delle città più cosmopolite del pianeta dove tutte le religioni, etnie, culture, lingue, abitudini si incontrano e si confrontano facendo abbattere ogni muro di ipocrisia e chiusura mentale che da tanti anni attanaglia la mentalità della nostra bella Italia.
Per ogni permanenza che si rispetti a Londra, non si può certo non visitare alcuni luoghi di culto tra cui la National Gallery situata su Trafalgar square, il British Museum, la Saint Paul cathedrale, Buckingam Palace coi suoi giardini reali, il museo delle cere Madame Tussaud, ma anche Harrods, Covent Garden e tutti i mercatini dove perdersi dentro come quelli di Notting Hill e Candem town. Ma c’è qualcosa che attrae la gente a Londra e come una calamita la tiene attaccata verso di se: si tratta della sua aria, della sua atmosfera molto positiva e creativa che per qualcuno come il sottoscritto ‘‘costretto’’ a creare, è molto importante, vitale quasi.
Tuttavia c’è da considerare un effetto contraddittorio all’effetto cosmopolita che un’immensa città dovrebbe produrre in automatico: si tratta di quello spirito di conservazione della specie che spinge gente proveniente del suo stesso paese a restare estranei al melting pot e mantenere intatte quell’insieme di tradizioni, tra cui lingua e abitudini, che formano la cultura di un determinato popolo. Si tratta delle gente proveniente da est, ma anche dei portoghesi e degli italiani anche. La cosa che pero’ mi lascia ancor più perplesso è che sono i giovani in primis ad alimentare questa cosiddetta ‘‘conservazione della specie’’ quando invece dovrebbero tentare, in maniera molto easy ovviamente, di allontanarla e immergersi nella cultura british, determinante per un buon apprendimento della lingua inglese e soprattto calarsi in un mondo affascinante e ricco di creatività organizzata.
Quest’impressione mi ha suscitato diversi spunti di riflessione sul fatto che contare su noi stessi e basta, risulta ancora difficile in un’era come la nostra dove tutto è accessibile, perché abbiamo ancora necessità di avere gente della nostra ‘‘specie’’ nei paraggi che ci guidi e in un certo senso ci dia una certa tranquillità trasformandosi in punti di appoggio. Spero che qusto messaggio non urti la sensibilità di certuni e che invece serva da sprono a chi si accinge a vivere un’esperienza nella Greater London, così come in qualsiasi posto straniero, grande e lontano dal paese natale. Perché solo immergendosi interamente in una cultura straniera, abbandonando per un certo periodo le tradizioni, si può veramente capire il valore di un popolo e il processo che ha portato costui a essere ciò che è in questo millennio.