"Il fatto che la comunità sia sempre presente nella vita di tutti i giorni ci fa sentire sicuri. Non è qualcosa di fluido, di liquido. Non ci abbandona mai e non ci fa sentire soli. Ogni qualvolta che ne abbiamo bisogno, la comunità a cui apparteniamo è sempre lì ad aspettarci e questo ci dà conforto". (Zygmunt Bauman).

martedì 29 dicembre 2009

Addio a Carlo Sgorlon: narratore della discordia


È morto a settantanove anni lo scrittore il cui nome è strettamente legato alla terra e al mondo friulano, di cui ha raccontato storie e saghe. È stata la famiglia a dare la notizia precisando che lo scrittore, da tempo ricoverato in ospedale, è morto la sera di Natale. Carlo Sgorlon è nato nel 1930 a Cassacco, paese di quasi tremila abitanti a tredici chilometri da Udine, dove ha vissuto fino ai diciotto anni, prima di intraprendere gli studi alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove studiò lettere e grazie al quale riuscì a trovare lavoro come professore e insegnare nelle scuole superiori.
In quegli stessi anni iniziò a scrivere e dopo alcune storie legate a "tematiche contemporanee" tra angoscia e nevrosi, arrivò La Luna color ametista (1970), romanzo che rivelò la tendenza di Sgorlon a muoversi verso i temi corali e collettivi che caratterizzeranno la sua scrittura successiva. Del 1973 è il romanzo
Il trono di legno con cui vinse il Premio Campiello.
Con i suoi romanzi, racconti e fiabe ha vinto prestigiosi premi letterari, tra cui il Supercampiello (due volte, unico tra gli scrittori italiani contemporanei), lo Strega, il Nonino. Le sue opere sono state tradotte in decine di lingue. Tra i suoi romanzi più noti ricordiamo: La regina di Saba (1975), Gli dei torneranno (1977), La carrozza di rame (1979), La conchiglia di Anataj (1983), L'armata dei fiumi perduti (1985), L'ultima valle (1987). Il suo ultimo libro, La penna d'oro (Morganti, 2008), è un’ironica e disincantata autobiografia dove l’autore si racconta parlando della sua vita, della poetica e dei suoi rapporti con il mondo letterario, spesso difficili, confessando l’amarezza per il suo isolamento dagli altri scrittori a causa soprattutto della sua personale tesi dov’è convinto che l’uomo possa “percorrere il proprio cammino muovendosi su due piani di esistenza paralleli: quello della realtà e quello del fantastico”.

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