"Io so perché sono uno scrittore" diceva Pier Paolo Pasolini. Perché uno scrittore scrive? È una delle domande di routine che ogni giornalista pone durante un'intervista con uno scrittore. Le risposte sono molteplici e variano ovviamente da intervistato a intervistato ma spesso questa domanda rimane senza risposta. Si scrive perché si sente qualcosa dentro da dover esternare, metterlo nero su bianco e renderlo pubblico, quindi in un certo senso scrivere è un'attività molto intima ma che perde la sua intimità nel momento in cui altri leggono i nostri scritti. Scrivere è dovere nei confronti dei lettori, visto che si rendono partecipi delle molteplici sfaccettature che la nostra immaginazione puo' assumere, immaginazione che prende spunto dalle nostre sensazioni e sentimenti e umori e stati d'animo e che tramite la nostra creatività modifichiamo e rendiamo visibile agli occhi di tutti.
Il ruolo dello scrittore è quello di spettatore della realtà, anche se si scrive di passato o di futuro, il punto di partenza resta inequivocabilmente la realtà del presente e di conseguenza lo scrittore assume un ruolo molto delicato nei confronti del pubblico. Perché si scrive? Come tutte le espressioni creative non si sa in fondo da dove nasce la voglia di mettere uno accanto all'altro, tante parole, definendole in uno stile e indirizzandole verso un messaggio preciso.
"Scrivere è un atto d'amore, se non lo è non è che scrittura" diceva Jean Cocteau.
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